Thursday 20 June 2013

πάντα ῥεῖ, tutto scorre

There was no official goodbye, no last post from Cambodia. I am of the opinion that "all farewells should be sudden" (but not forever). I prefer not to linger on the last things, not to romanticize the last supper, the last Angkor bier, the last time I thank by saying 'okun chran'. As a person prepares to go, s/he's actually already moving forward. It's a state of mind, where nothing really ends. Coming and going is a natural condition of being, for me it is so since birth. We ourselves are the centre of gravity of this continuous life stream. Two weeks ago I physically left Cambodia, but here I am now, with my krama proudly on my head. As a wise saying goes, you can take a person out of Cambodia, but you cannot take Cambodia out of that person. 

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Non c'è stato nessun addio, nessun ultimo post dalla Cambogia. Sono del parere che "ogni addio dovrebbe essere improvviso" (ma non definitivo). Preferisco non perdermi nelle ultime cose, non romanticizzare l'ultima cena, l'ultima birra Angkor, l'ultima volta che ringrazio dicendo 'okun chran'. Nel momento stesso in cui (ce ne) andiamo, in realtà stiamo già andando avanti. E' uno stato mentale, che statico non è. L'andare e venire è una condizione naturale dell'essere. Per me, è sempre stato così. Il punto fermo, il baricentro di tanto andare e venire siamo noi stessi. Due settimane fa ho lasciato la Cambogia fisicamente, ma eccomi qui adesso, fiera della mia krama sulla testa. Parafrasando un detto saggio, una persona può andar via dalla Cambogia, ma la Cambogia resta dentro.  

Saturday 1 June 2013

where the streets have almost no name...

Phnom Penh 2013
This song of U2, where the streets have no name, is perfect for a city like Phnom Penh where the streets are mostly called with a number rather than a name! There, on a simple google map, you'll find yourself facing a labyrinth of numbers, simingly following no pattern, a challenge to your sense of orientation, a source of perpetual marvel and wonder. Remember, you will be wondering a lot in the Kingdom of Wonder...Some streets do have names, like the main ways, such as Norodom or Monivong or Sihanouk or Mao Tse Tong Boulevards. Street 200 is Oknha Men, and street 51 clearly reveals a colonial past with its name 'Rue Pasteur'. Some of these names are actually new and have for example replaced names of past communist 'heros'. A number is easier, it's not charged with the ambiguity and memory of the past. A number is just a number. And yet, how did they sort out how to call what? There seems, after all, to be a logic in the succession of numbers: urbanization, the expansion of the city and the time of construction. The streets with the lowest numbers were the first to be constructed and are in fact to be found in the old centre, around the Royal Palce and in the old French/European quarter. Those streets in the order of the 300 or 400 were the latest. I don't see any street 1, but I believe that could be Preah Sisowath Quay, right at the river. Phnom Penh is a place of hidden corners, a city that needs time to be read and understood, a place for constant discovery, that is a pity to leave. As time goes by and the city adjusts to reflects the fast changes brought by economic development, it becomes more difficult to bring the past alive, to dig the secrets and abandoned corners. I already now that next time I will be in Phnom Penh, a lot will be different. 
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Phnom Penh 1925
C'è questa canzone degli U2, where the streets have no name, che è perfetta per una città come Phnom Penh dove il più delle volte le strade hanno un numero per nome! Su una semplice mappa di google potete già trovarvi di fronte a un labirinto di numeri, apparentemente senza ordine, una sfida per il vostro senso dell'orientamento, una fonte di continua meraviglia e perplessità. Ricordatevi che ci si meraviglia di continuo nel Regno delle Meraviglie...Alcune strade un nome ce l'hanno, come le arterie principali della città, i Boulevard Norodom o Monivong o Sihanouk o Mao Tse Tong. La strada 200 si chiama Oknha Men, e la strada 51 rivela una storia legata al periodo della colonizzazione francese, si chiama infatti Rue Pasteur. Alcuni di questi nomi in realtà sono nuovi, per esempio hanno rimpiazzato i nomi di vecchi 'eroi' comunisti. E comunque, qual è la logica, come hanno deciso di numerare questa o quella strada con quel preciso numero? In fondo sembra esserci una logica nella successione dei numeri: l'urbanizzazione, l'espansione della città e il momento della costruzione di quella strada. Le strade coi numeri più bassi sono state le prime ad essere costruite e si trovano infatti nel centro storico, intorno al Palazzo Reale e nel vecchio quartiere francese/europeo. Le strade nell'ordine dei 300 e 400 sono invece le ultime ad essersi sviluppate. Non vedo nessuna strada numero 1 ma suppongo che sia Preah Sisowath Quay, una volta di fronte al molo, fondamentale nella vita della città. Phnom Penh è un posto da mille angoli nascosti, una città che prende tempo per capirla e saperla leggere, un posto di scoperta continua che è un peccato lasciare. Col passare del tempo e con l'adattarsi della città ai rapidi cambi portati dagli sviluppi economici, diventerà più difficile riportare il passato a galla, e scavare i segreti di angoli abbandonati. So già che la prossima volta che vedrò Phnom Penh, tanto, forse troppo, sarà già diverso.

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